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uella che
stiamo vivendo, non solo in Italia, ma in tutta Europa e oltre ancora, non è solo una crisi economica, è una crisi
politica nel senso più ampio della parola, nel senso più completo e radicale
della parola. Politica cioè intesa come inter-relazione tra uomo e città e, per
estensione, tra società e stato, tra umanità e pianeta. E’ una crisi che oserei
chiamare “umana”, che tocca quasi tutte le comunità mondiali e il loro ambiente
circostante. Per la cui risoluzione non basteranno aspirine o superficiali
correttivi di tipo tassativo-amministrativo.
La soluzione
della crisi deve passare attraverso la revisione, o la sostituzione, di molti
dei valori strutturanti le società, soprattutto quella dei cosiddetti paesi civili. Religione,
cultura, tipo di economia organizzazione sociale che animano la politica
attuale, cioè la vecchia politica, sono da rivedere. La vecchia politica ha
prodotto grovigli d’infinite leggi e regolamenti, giustizia lenta, ipertrofia
dei servizi, esorbitante tassazione, centralità del commercio mondiale,
abbandono dei settori produttivi agricolo e industriale, massiccio e
incontrollato inurbamento del recente passato, delocalizzazione della
produzione, divinizzazione del Denaro, incontrollato potere delle Banche ….
Tutto questo è da rivedere. Per esempio, rimediare all’inurbamento eccessivo
potrebbe passare attraverso la ridistribuzione sul territorio di parte degli
abitanti delle grandi città. Fatto non più ghettizzante grazie alla telematica
che tiene un campagnolo collegato al mondo.
La Vecchia
Politica non assicura più né il naturale sviluppo della personalità
dell’animale UOMO, né la felicità dei membri delle comunità. Il fatto è sotto
gli occhi di tutti. C’è dunque da immaginare una Nuova Politica.
La nostra è
una crisi storica, è una crisi
strutturale, di sistema. Finisce un’era politica ed occorre immaginarne
un’altra. E’’ illusorio credere che
questa nostra crisi si risolva solamente con correzioni di tipo
sovrastrutturali. Bisogna agire sui contenuti e sul contenuto, sull’architettura
statale e sulla cultura degli uomini che vi ci abitano.
Gli Stati
europei che vivono la crisi sono tutti stati centralisti, ad eccezione della
vicina Confederazione Elvetica. Anche la Svizzera soffre la crisi, ma meno
profondamente semplicemente perché non è
uno Stato di matrice feudale. La Svizzera è il solo stato europeo ad
aver saputo rifiutare l’architettura statale feudale. Gli altri stati europei
sono tutti stati che prendono origine dal crollo dell’impero romano. Furono
abbozzati dalle caste guerriere dei
barbari invasori, ingranditi dalla nobiltà, le famiglie barbariche dominanti, e
perfezionati dalla cosiddetta Borghesia dei secoli scorsi. Ora si trovano in
mano a oligarchie per lo più ignoranti e avide i cui membri provengono da ogni
estrazione sociale. Si basano sullo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo.
Vivono dei valori strutturanti di cui
sopra cioè dei valori strutturanti della vecchia politica. Sono pertanto vecchi ed obsoleti. Anacronistici. Sono
sempre più traballanti e, per non cadere, cercano di appoggiarsi uno all’altro
formando quella che chiamano Unione Europea. Cedono fette sempre maggiori di
sovranità al Governo Centrale dell’Unione Europea, Unione ancora più
centralista e lontana dai bisogni della gente di quanto lo fossero essi stessi. Non è certo questo tipo di
Unione Europea il modo per arrivare alla soluzione della crisi storico-politica
che stiamo vivendo.
Lo scienziato francese Henri Laborit,
importante sociobiologo, scomparso
alcuni anni fa, analizzando i problemi
sociali in cui i nostri stati si dibattono, arriva a concludere che l’unica
soluzione è che essi devono sciogliersi per essere sostituiti da entità sociali
addirittura senza leggi scritte. A
questa conclusione non è pervenuto un uomo qualunque, ma un eminente scienziato, studioso della vita e
della società! La cosa deve farci
riflettere e meditare…
Non giungerò
a condividere in pieno la conclusione di Laborit, ma penso che gli attuali
Stati europei debbano sparire dalla scena storica. Devono essere sostituiti da
una architettura governativa nuova: l’Unione Europea dei popoli. Non vogliamo
l’Unione Europea dei vecchi stati
centralisti ma un’Unione di tanti nuovi stati originali e indipendenti,
uno per ogni popolo o comunità, tra essi collaborativi, cioè federati. Le
grandi megalopoli debbono essere messe sullo stesso piano dei popoli o comunità
e formare pure loro entità statali “indipendenti”. Tutti i popoli e tutte le
comunità d’Europa, grandi o piccole che siano, hanno diritto all’indipendenza,
alla sovranità. E la parcellizzazione del potere in mano ai grandi stati
centralisti è condizione necessaria per
impiantare e sviluppare all’interno dei popoli e comunità la Nuova
Visione del mondo dettata da quei nuovi valori strutturanti che la scienza ( e
mi riferisco soprattutto alle scienze umane) ha individuato. Essi sono oramai essenziali per assicurare il naturale
sviluppo dell’animale uomo e del suo
benessere.
La nuova
politica che gli stati indipendenti e federati d’Europa debbono immaginare
deve dunque alimentarsi dei valori strutturanti della Filosofia Naturale che le numerose scoperte scientifiche del
secolo scorso, in tutti i campi del sapere, hanno evidenziato e reso fruibili.
La Nuova Politica ha bisogno di ispirarsi a tale Filosofia.
E’ necessario
costruire un’Europa unita a mosaico dove la pietrina che rappresenta un piccolo
particolare abbia lo stesso valore e sia funzionale all’insieme come la pietra
più grande. Popoli e comunità piccole e grandi uniti a formare il mosaico
EUROPA UNITA.
La Svizzera
nella storia europea è stata l’unico Stato a essere riuscito a opporsi al
sistema politico feudale e a evitare il Centralismo. E la Svizzera può dunque rappresentare un
modello politico per la Nuova Europa. Gli Svizzeri stanno strenuamente lottando
per evitare di cadere vittima del centralismo europeo. Ma è una lotta impari.
Molti in quel Paese hanno ormai capito che la sola resistenza al centralismo europeo non è sufficiente: o
presto o tardi la Svizzera
soccomberebbe e sarebbe fagocitata.
Molti svizzeri incominciano a credere che l’unica soluzione sia
l’attacco, riuscire cioè a esportare il loro modello politico e convincere i
popoli europei ad adottarlo. In questo
senso, timidamente, si muove il più grande partito politico della
Confederazione: l’Unione Democratica di Centro di Blocher. La strategia degli
indipendentisti europei secondo me dovrebbe essere quella di aderire a questo
progetto. Progetto di fare dell’Europa una Grande Svizzera.
di Joseph Henriet, su L'Indipendenza
di Joseph Henriet, su L'Indipendenza
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