domenica 27 gennaio 2013

La Shoah e gli italiani

Cominciamo citando una legge, la 211/2000, quella che ogni anno ci induce a "ricordare" le vittime dello sterminio degli ebrei; al comma 1, essa recita:

 "La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati."


Cosa manca in questo testo? Si parla di vittime, si parla delle motivazioni che hanno portato a scegliere il 27 gennaio, si parla di eroi che si sono sacrificati per salvare gli innocenti... ma i responsabili? La legge è scritta in modo impersonale, esclude qualsiasi forma di responsabilità dello Stato italiano o dello Stato tedesco o, quantomeno, del regime fascista. 
Una mancanza così "comoda" non è certamente da attribuire a semplice distrazione, anzi. Il dibattito sull'approvazione di questa legge in Parlamento fu molto serrato e l'idea stessa di consacrare una giornata alla memoria dell'Olocausto trovò  una forte opposizione da parte di quei partiti che continuavano a trovare comodo identificarsi con l'ex partito fascista nell'immaginario collettivo dei vecchi e degli ignoranti
La data stessa fu oggetto di discussione. La prima data che fu proposta infatti fu il 16 ottobre, giorno in cui iniziò la deportazione degli ebrei dal ghetto di Roma (1943), ma le forze politiche con retaggio fascista non trovarono conveniente optare per una data che avrebbe richiamato direttamente la responsabilità del fascismo e quindi del popolo italiano, la cui maggioranza appoggiava il Duce. Il 27 gennaio invece è la data più favorevole alle vittime e, soprattutto, è una data resa memorabile da qualcun altro, dagli USA, che ebbero il ruolo dei "buoni" in tutto lo schifo che stava dilagando in Europa. 

Cosa si evince, dunque, da tutto ciò? Semplice: l'Italia, gli italiani, non hanno ancora una visione collettiva e condivisa dell'Olocausto e delle responsabilità storiche. In Italia si tende ad autoassolversi, a sottrarsi dall'agghiacciante prospettiva di essere stati parte di una carneficina così sistematica e unanime da divenire l'emblema ed il termine di paragone di ogni genocidio. Si obietterà che il regime fascista agì perché l'alleanza con la Germania pose Mussolini, di fatto, in una posizione di sudditanza rispetto al potente alleato teutonico. E' vero, in parte. O meglio, è vero che il Duce dovette obbedire ad Hitler, ma è anche vero che la scelta di farlo fu soltanto sua. Altre nazioni si opposero fino all'ultimo uomo all'espansionismo tedesco e soltanto governi-fantoccio emanarono leggi razziali. L'Italia invece emanò di sua iniziativa delle leggi che, spogliatesi del loro significato, legalizzarono l'illegale. L'accoglienza degli italiani fu tiepida, ma il Duce non sembrò preoccuparsene. 

Di diverso stampo, infatti, è la legge della memoria francese (n. 644/2000). Essa recita: 

"[...] à la mémorie des victimes des crimes racistes et antisémites de l'Etat français."
 A differenza dell'Italia, la Francia ha scelto coraggiosamente di indicare un responsabile, lo Stato francese stesso, pur essendo forse l'unico Stato ad avere un alibi: il nord della Francia era infatti sotto il diretto controllo della Germania mentre il governo filo-tedesco di Vichy, nella Francia meridionale, non poteva definirsi esattamente un governo scelto e rappresentativo del popolo francese. Ciononostante, i francesi ricordano le leggi razziali come un crimine perpetrato dal loro stesso Stato che, con legge, ha ammesso le sue responsabilità storiche. 

La Spagna ha fatto di più, istituendo persino dei risarcimenti per le vittime del regime franchista. 

Ma ritorniamo al caso italiano. 
E' appurato che non esiste una visione unitaria del nostro passato. Lo dimostra una legge vaga e lunga (Rousseau sosteneva che l'onestà di uno Stato si vedesse dalla brevità delle sue leggi), lo dimostra la polemica che scoppia ogni 27 gennaio, lo dimostrano i nostri professori che trattano l'argomento sempre in modo differente, in base alle visioni politiche. 
E c'è dell'altro.
L'Italia è uno dei pochi stati europei a non avere una legge contro il negazionismo. In parte si tratta di una scelta che ha ragioni pratiche: in Italia il negazionismo non rappresenta un fenomeno diffuso come in altri Paesi europei; d'altra parte, l'assenza di una legge che punisca chi mette in dubbio la veridicità dell'Olocausto, è un buon salvacondotto per quelle frange politiche più estreme che continuano a fare da braccio armato o bacino di voti ai partiti più grandi. In altre parole, fa comodo non punire, così che ogni parte politica non si senta un potenziale colpevole.

Tutto fa pensare quindi che non esiste ancora la maturità politica sufficiente ad accettare le responsabilità dello Stato italiano nella strage degli ebrei ed i motivi sono chiari a tutti: non solo permette di sfruttare ancora il mito del buon vecchio Mussolini che fa arrivare i treni in orario per poter raccogliere i voti dei vecchi, ma permette anche ai politici vecchi di continuare a sedere sui loro scranni senza essere additati come criminali o allievi di criminali. In altre parole, permette di sfruttare solo ciò che fa comodo del nostro passato e dimenticare chi ha partecipato, direttamente o tramite colpevole inerzia, alla strage sistematica degli ebrei. A nessuno, in fondo, piace pensare che il suo caro bisnonno (con tutto il rispetto per i bisnonni) fosse un sostenitore di Mussolini, lo stesso demente che emanò leggi non degne di questo nome. 

Quando viene a mancare la parte delle responsabilità, quindi, è quasi inutile ricordare. Quegli ebrei non si uccisero da soli, ma furono dei governi a farlo; quei governi erano guidati da partiti che avevano una grande partecipazione popolare (in fondo è questo che contraddistingue un totalitarismo); quei governi non erano entità paranormali che scagliarono fulmini sugli ebrei e li distrussero, ma si servivano di soldati e funzionari, di gente comune che si alzava al mattino per infornare altri esseri umani o firmare ordini con lo stesso fine. Persino il macchinista del famoso treno che andava ad Auschwitz è responsabile. 

E' questo che va insegnato e ricordato. Non che morirono 6 milioni di ebrei, ma che interi popoli parteciparono alla strage, che chiunque può trasformarsi in un mostro quando inizia a pensare di essere soltanto il braccio di qualcosa di più grande, deresponsabilizzandosi. Il passo avanti che dobbiamo compiere, dopo la legge sulla memoria, è in noi stessi. Smettere di pensarci parte di chissà quale macchina e accettare che siamo tutti individui pensanti e responsabili di ogni nostra azione. Quindi, se domani vi troverete a gettare gente in un forno, ricordatevi che lo state facendo perché il vostro cervello sta ordinando alle vostre braccia di muoversi, e non perché un regime alieno vi sta manipolando contro la vostra volontà.  

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