mercoledì 2 gennaio 2013

Di un termine abusato

Ultimamente i nostri cari politici ci stanno deliziando con un nuovo slogan che, secondo loro, dovrebbe darci un'idea più spassionata di politica,  meno maliziosa, meno torbida: si tratta del termine "anti-politica". 
Chi ne ha abusato sono stati, manco a dirlo, Beppe Grillo e Berlusconi. Due personalità con un'alta opinione di sé, di quelli senza pantheon, di quelli che si sono aperti la strada nella politica senza appoggiarsi ad altri o fare la gavetta in un partito storico. 

Il marchio di anti-politico dovrebbe essere quindi un bollino che esclude questi signori da quel complesso sistema di interessi costituiti, di amicizie, alleanze e rapporti di subordinazione che legano i politici del primo dopoguerra a quelli che ci governano ora, formatisi più o meno quarant'anni fa. Questo, ripeto, nella loro mente. 
In realtà è un marchio che chiunque abbia a disposizione un dizionario schiferebbe. 

Prendiamo una definizione dal vocabolario Treccani: 


Polìtica: s.f. La scienza e l’arte di governare, cioè la teoria e la pratica che hanno per oggetto la costituzione, l’organizzazione, l’amministrazione dello stato e la direzione della vita pubblica;

E' pleonastico esaminare in ogni sua parte una definizione tanto semplice quanto esaustiva. Ora aggiungiamo un bel "anti" davanti a questo lemma, e avremo un significato esattamente opposto rispetto a quello dato. 
Non è una scoperta che ho fatto io, ma se questi stupidi slogan continuano ad essere così usati significa che sono efficaci, significa che la gente non si fa domande, li accetta e basta per come sono e li lega al messaggio che vogliono lanciare i loro totem e non al loro reale significato. In poche parole, si lasciano prendere per il culo da gente che fa politica ma nega di farla. 

Tuttavia, visti i risultati raggiunti in passato e visti i programmi per il futuro, non mi stupisco se questi signori si bollano come anti-politici.

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