venerdì 8 febbraio 2013

Sul mito del voto utile

In campagna elettorale ogni sistema è lecito pur di darsi visibilità e pur di attirare voti. I programmi fanno la loro parte (più semplici sono e meglio è, chi se ne frega se sono stupidi), poi ci sono gli scontri televisivi, le interviste, le promesse shock... e, infine, anche i ricatti. Il migliore è quello del c.d. "voto utile". Ci costringono a votare il partito che si arroga di avere il maggior numero di elettori nella sua parte politica così da sottrarre voti inutili a tutte le formazioni politiche minori. 

Il primo errore logico che si nota, quando si parla di voto utile, è proprio quello di considerare maggioritari o minori alcuni partiti. Chi stabilisce qual è il partito che "merita" il voto? 

In prima istanza, è il partito stesso. Il PD e il PDL non si fanno scrupoli e continuano a gridare  di essere loro i partiti più grandi e di meritare il voto più degli altri. Forti dei numeri delle elezioni politiche del 2006 e del 2008, possono vantare di essere stati i partiti più grandi e gli unici capaci di guidare coalizioni. E non si fanno sfuggire l'occasione di farlo. Il parere del partito, per gli affezionati, è sufficiente a convincerli che stanno votando giusto. Non importa tutto il resto. 

In seconda istanza, sono gli istituti che fanno i sondaggi politici, lo strumento più subdolo di cui la politica si serve per incatenare la libertà. 
Non so voi, ma io non sono mai stato telefonato per partecipare ad uno di questi sondaggi e di quanta gente conosco, nessuno è mai stato contattato. Forse siamo sfortunati e ci becchiamo solo le telefonate di operatori telefonici. Ma diamo per buona che questi istituti telefonino davvero a tutti (e non a iscritti su qualche lista), e procediamo. 
E' risaputo, e gli stessi istituti non mancano l'occasione per segnalarcelo, che le previsioni non siano del tutto esatte e che hanno margini di errore di 3-5 punti percentuali. Questo significa che il 28,5% (sondaggio DEMOPOLIS del 07/02) previsto per il PDL alla Camera potrebbe trasformarsi in un 23,5% o un 33,5%. Con lo stesso ragionamento, partiti che ci sembrano bloccati dalle soglie di sbarramento potrebbero non solo entrare in parlamento ma persino ottenere più seggi di quanto ci si aspetti. 
E, sempre con lo stesso ragionamento, si può ipotizzare che partiti che ci sembrano troppo distanti e che cataloghiamo come "piccoli" e "grandi", sono in realtà molto vicini. 
Prendiamo ad esempio lo stesso sondaggio. 
- il PDL (grande) ha il 28,5%
- M5S (piccolo e nero) ha il 18,5%
- Monti (piccolo) ha il 13,6%
Stando ai margini di errore e visto che il futuro è incerto e non prevedibile, potrebbe verificarsi benissimo che il PDL prenderà il 23,5% e che il M5S prenderà - udite udite - il 23,5%. Monti, con la sua coalizione, potrebbe salire al 18,6%, spaventando anche M5S. Insomma, non siamo in una guerra dove un partito ha un castello di pietra e l'altro ha un castello di carta, ma mi sembra che ognuno possa fare male all'altro. Qual è, quindi, il voto utile? E' chiaro che nessuno di questi partiti possa arrogarsi il diritto di definirsi "più utile" degli altri dal momento che:
- il concetto di utilità non trova alcun fondamento nel numero di voti, ma in ciò che sapranno fare il Paese, e finora proprio PD e PDL si collocano in negativo in questa scala. 
- escludendo la considerazione di cui sopra, nessuno di questi partiti ha una netta prevalenza sugli altri e la battaglia è ancora aperta. 
Il voto utile, in altre parole, decade nel momento in cui ci si ricorda che i sondaggi non rappresentano la realtà e ci danno soltanto un'idea del futuro. I partiti, poi, giocano proprio sul margine di errore per gonfiare e sgonfiare a piacimento le percentuali, giocando con gli elettori. 

In ultima istanza, siamo noi a decidere qual è il partito che merita di più. Ma quando questa decisione diventa "colpevole"?
Quando è una decisione pigra, imbalsamata e deresponsabilizzata. 
E' la decisione di chi ha sempre votato da una parte e continuerà a farlo perché ha paura di abbandonare la vecchia via per la nuova, e giustifica la decisione dicendo che è soltanto coerenza, non vigliaccheria.
E' la decisione di chi non ha argomenti per difendere un voto consapevole e lo regala a quei partiti che storicamente sono stati capaci di farsi identificare con il centro-destra e il centro-sinistra: in questo caso il voto non è dato a un programma, ma a un'idea (ormai morta). In caso ci si renda conto che è stato un voto errato, la colpa è del partito che non ha saputo rappresentare la parte politica in cui si colloca.
E' la decisione di chi non sa dove buttarsi e sceglie guidato dal caso o dall'umore del momento, giustificando proprio con l'incertezza il suo voto. 
E' la decisione, insomma, di chi si è abituato talmente alla vecchia minestra che ha paura che, cambiandola, potrebbe riceverne una peggiore. Il buonsenso ci direbbe che con un debito pubblico di 2.000 miliardi, imprese ritornate ai livelli di 23 anni fa, disoccupazione in crescita, inflazione da costi, pressione fiscale più alta d'Europa, libertà sempre più soppressa dalla necessità di sicurezza, sono proprio i vecchi partiti ad aver già fatto il peggio.

Appurato che la linea di demarcazione tra partiti che meritano il voto e partiti che non lo meritano è più che altro un'illusione, andiamo ad esaminare come il concetto di voto utile sia anche anti-democratico. 

I difensori del voto utile, tra i quali ho scelto l'esimio avv. Vincenzo Vitale per le sue ottime referenze, ritengono che:

In questa prospettiva, allora, sarebbe del tutto miope lasciarsi indurre dalle sirene del bel canto – quello dei princìpi e delle idee pure – a votare liste e listerelle che mai raggiungeranno la soglia necessaria per esser rappresentate in Parlamento.Sarebbe come se, partecipando ad una corsa in autodromo, si pensasse davvero di poter vincere usando un’auto a pedali…Follia? Quasi : ma lo sarebbe certo dare un voto del tutto inutile a questo o a quello. Come affannarsi ai pedali risulta inutile ( e perfino comico ), allo stesso modo votare una lista dell’1% risulta inutile ( e perfino comico ) .

Mi sembra di poter dire che la sua argomentazione si fondi proprio sulla concezione della sacralità del sondaggio, che abbiamo già visto essere fallace e persino truccato. La forza dei sondaggi non è da sottovalutare, questo è appurato, ed è proprio per questo che i partiti li sfruttano e li piegano a loro piacimento.

Più avanti, dice ancora:

Dal secondo punto di vista, nel contesto storico in cui siamo immersi, cedere al sentimentalismo o al senso di protesta di un voto per chicchessia ( perché propriamente di questo si tratta) sarebbe come attardarsi a pizzicare le corde struggenti di un violino, mentre la nave affonda ( come sul Titanic) : più che una bizzarria, un gesto di puro autolesionismo. [...] Oggi, il voto sentimentale o di protesta è un lusso che nessuno può permettersi.

La metafora del Titanic è elegante, ma è un'arma a doppio taglio. Siamo sul Titanic che affonda da oltre 20 anni, non ci siamo saliti l'altro ieri. Anzi, possiamo dire che in ogni epoca ci si lamenta "dei tempi che corrono" e che la tanto agognata "età d'oro" nella quale riprenderci la democrazia non arriverà mai, perché la società umana non è fatta di ere perfette e ere imperfette. La società umana è fatta di tante sfumature d'imperfezione e se ognuna di queste bastasse a farci abbandonare l'ideale democratico, allora avremmo dovuto farlo già migliaia di anni fa e cedere le armi ai Persiani a Maratona. O, con un esempio più recente, già nel primo dopoguerra avremmo dovuto... no, mi sbaglio, nel primo dopoguerra abbiamo effettivamente abbandonato l'ideale democratico in favore di un governo totalitario che ci prometteva un'età d'oro. E se lo abbiamo chiamato primo dopoguerra, sappiamo com'è andata. 
Di esempi simili la storia è piena, è inutile riportarne altri. 
Inoltre, come scrivevo in un articolo precedente, è proprio il timore di affondare a spingere le società ad accettare di erodere un po' di libertà pur di stare ancora al sicuro. Questa mentalità sta spingendo gli USA verso una dittatura militare e l'Italia verso una dittatura del Fisco. 

Non mi sembra quindi una buona argomentazione quella di chi sostiene che con i tempi che corrono dobbiamo farci responsabili e votare chi può salvarci, per due motivi:
- i tempi che corrono sono i tempi che corrono proprio a causa di chi vuol farsi votare ancora.
- il voto responsabile è quello di chi, letti i programmi elettorali di tutti, vota liberamente e si fa egli stesso difensore del programma che ha scelto; al contrario, il voto irresponsabile è proprio quello di chi accetta di erodere la propria libertà pur di dare la nave nelle mani di chi l'ha già condotta verso l'iceberg e promette di portarla via. 
Non è questione di idealismo puro o di favole, ma di una visione storica ampia e critica. Come ho già detto, accettare di assoggettarsi a qualcuno per paura ha sempre condotto i popoli ad un lento asservimento ed impoverimento. Al contrario, il risveglio delle coscienze e la scelta responsabile dei popoli ci hanno dato rivoluzioni come quella francese e quella americana. Non voglio dire che avremo una rivoluzione anche in Italia, ma voglio evitare di ritrovarmi, tra 20 anni, a parlare di "terzo dopoguerra" o a scrivere del 2012 come se fosse stata un'età d'oro. 

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