martedì 2 aprile 2013

Opinioni ed affermazioni, la differenza

Stavolta voglio soffermarmi su un argomento un po' diverso dai soliti temi politici ed economici che tratto sul mio blog. Parlerò della differenza tra un'affermazione ed un'opinione, importante non solo nella quotidianità dei rapporti sociali, ma che può fare la differenza tra diffamazione (o hate speech per dirla in termini anglicani) e libertà di pensiero. 

La differenza è spesso sottile a causa delle varie sfumature del parlare, ma riuscire a rintracciarla è fondamentale se si vuole mettere alle strette un interlocutore particolarmente restìo al ragionamento o se si vuole dividere i dati in nostro possesso dai dati da mettere nel cestino.

L'affermazione di un fatto si caratterizza per il rapporto diretto che si sottintende fra colui ed afferma ed il fatto stesso. Essa non rientra in una valutazione soggettiva, ma è oggettiva e certa. Quando si afferma, dunque, ci si prende la responsabilità di ciò che si dice perché l'interlocutore è portato a pensare che colui che afferma stia riportando un fatto oggettivo e reale. 
Se io scrivo "il governo cadrà entro una settimana", sottintendo una particolare conoscenza della situazione di cui sto parlando e mi faccio garante presso i miei ascoltatori/lettori della veridicità di quanto ho affermato. Se fossi un membro di quel governo, sarei ancora più responsabile, perché sfrutterei la mia posizione, che mi da a priori un grado di credibilità più elevato rispetto ad un altro scrittore che affermi la stessa cosa. 
Allo stesso modo, nell'ambito giuridico, quando si parla di diffamazione è sempre importante stabilire con certezza chi sia il presunto diffamatore, perché la sua posizione potrebbe dare un peso particolare alle sue parole. 
Altro esempio: il figlio di un politico afferma che suo padre ha accettato tangenti. La dichiarazione verrà immediatamente presa per vera dai giornali, perché chi più del figlio può sapere certe cose? 

L'opinione è del tutto differente, perché parte già con la premessa, espressa dalla formula "secondo me", che le conoscenze relative al fatto di cui si parla siano soggettive e probabilmente errate. Non c'è alcuna certezza nel fatto. 
Se io scrivo "secondo me, il governo cadrà entro una settimana" nessuno mi prenderà davvero sul serio. E' una mia opinione, uguale a tante altre che si possono sentire al bar da persone che hanno il mio stesso grado di conoscenza di quel fatto. 
Ritorniamo all'esempio del figlio del politico: "secondo me mio padre ha accettato tangenti". Potrebbe far partire qualche indagine, potrebbe far sospettare, ma quel "secondo me" ha tolto veridicità e certezza al fatto, quindi colui che ha parlato si è deresponsabilizzato. La responsabilità cade sull'ascoltatore che, se vuole avere la certezza, deve indagare per conto proprio o, se vuole prendere per oro colato quell'opinione, deve accettare di potersi sbagliare. 

La questione ha fatto la differenza in un processo contro uno storico negazionista dell'Olocausto. Lo storico, forte della sua posizione, affermava che l'Olocausto fosse stato un'invenzione e la Corte chiamata a giudicarlo lo condannò colpevole di turbamento della quiete pubblica e hate speech contro la comunità ebraica. Lo storico, tentando di difendersi, disse che si trattava solo di un'opinione, ma purtroppo la sua posizione lo tradiva: se uno storico parla di storia, è credibile ed è responsabile di tutto ciò che dice riguardo il suo ambito di studi. 

Tendo sempre a sottolineare queste differenze, perché mi capitano spesso interlocutori ottusi che affermano con gran forza un fatto e poi, smentiti, si ritirano dichiarando che la loro fosse solo un'opinione personale. Una ritirata strategica che ha lo scopo di ridare legittimità a quanto detto. Se, infatti, un'affermazione è passibile di smentita, un'opinione rientra nella sfera personale di chi la esprime ed una smentita ha il sapore di un attacco alla libertà di parola. A quel punto alzo le mani e non mi resta che far notare all'interlocutore di fare più uso della formula "secondo me", per non ricadere in un'altra pessima figura. 

Il discorso non si ferma soltanto ai rapporti personali o alla giurisprudenza, ma coinvolge anche il mondo dei blogger. 
Un blogger, quando scrive, si fa direttamente responsabile delle informazioni che divulga. Internet è pieno di fact checker, persone che dopo aver letto un articolo vanno su google e fanno una ricerca per avere una conferma che i dati ricavati dalla lettura siano reali. Un blogger deve essere sempre egli stesso un fact checker ed è un impegno spesso gravoso, figlio di una forte onestà intellettuale. 
Non ci si può ritirare sulla posizione dell'opinione, quando si scrive su un blog. Se volete esprimere opinioni, se io voglio esprimere opinioni, vado al bar con gli amici, mi sbronzo e ne esprimo quante ne voglio.
Ma quando impugno la penna (metaforicamente, sia chiaro) so che un lettore si aspetta da me onestà e chiarezza. 

Quando ho scritto del rapporto tra voto e spesa pubblica, ad esempio, ho trascorso due giorni a confrontare i dati su documenti ufficiali del governo ed istituti specializzati. Un solo errore avrebbe fatto cadere tutto il discorso, e mi avrebbe reso responsabile verso i miei lettori di menzogna o disinformazione. 

Quindi, se parlate con qualcuno, pretendete sempre chiarezza sui due ambiti. Prima che apra bocca, chiedete se sta esprimendo un'opinione o se potete prendere per oro colato le sue parole. Scoprirete che nella maggior parte dei casi, il vostro interlocutore metterà le mani avanti e baderà bene a specificare che si tratti di un'opinione; specifica che, se non l'aveste chiesta, non avrebbe mai fatto. 

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