mercoledì 11 settembre 2013

Parabole stataliste: il veto del Congresso USA

Ascoltavo un'intervista in televisione, a proposito del Congresso degli Stati Uniti che ha assunto una posizione contraria all'intervento armato in Siria. L'intervistato stava spiegando come questo sia stato un forte precedente nell'ambito della prassi del diritto internazionale, poiché l'organo rappresentativo - finora escluso dalle decisioni riguardanti gli interventi armati - si è opposto ad una decisione del Presidente. 
Secondo l'intervistato, si tratterebbe di un grande passo avanti delle democrazie occidentali poiché finalmente l'organo che rappresenta il popolo può esprimersi anche su una materia delicata come quella delle guerre.

L'ingenuità con cui ne ha parlato mi ha quasi fatto tenerezza. Sembrava davvero convinto che si trattasse di una forte presa di posizione del Congresso americano, così ligio a portare al Presidente la volontà dell'elettorato. 
Non mi sembra che il Congresso si sia mai espresso negativamente sui finanziamenti alle forze armate, che tutt'oggi sono circa il 4% della spesa pubblica statunitense, a fronte dell'1-2% dei Paesi europei. 
Non ho mai neanche visto un veto sulle intercettazioni, per le quali il Congresso continua imperterrito ad approvare fondi e modalità, senza esprimere al Mr President la volontà del popolo di godere della privacy. 
Ora, però, all'improvviso, vogliono farci credere che il Congresso si sia improvvisamente schierato dalla parte dei cittadini onesti e voglia difendere la pace. Lo stesso Congresso che continua ad approvare i massacri e gli interventi in gran parte del mondo. Perché proprio la Siria no? 

Iniziamo col dire che non c'è alcun passo avanti verso la democrazia, ma al massimo c'è un passo avanti verso l'entropia politica, un addensarsi di quella cortina fumogena fatta di istituzioni, giunte, consigli, commissioni, autority e quant'altro che si dividono le responsabilità e permettono ad ognuna di scaricarla sull'altra, in un cerchio senza fine. 
Se tutti i parlamenti europei inizieranno ad agire in questo modo in merito alle guerre, gli uomini del governo avranno smesso di addossarsi le colpe. 
Come ho più volte ripetuto, infatti, se è un solo uomo a prendere le decisioni, ne è direttamente responsabile; se è un organo consiliare o assembleare, la responsabilità è della collettività che ha deciso: in sostanza, di nessuno
Ad Obama conviene non pasticciare in Siria. La Russia si è già detta disposta a difendere Assad e la reazione dell'Unione Europea, per la prima volta, è tiepida, quasi fredda. La diplomazia americana ha fallito, non riesce più a tirarsi dietro neanche gli alleati di sempre. Persino l'Italia, che ha sempre fatto la prostituta col suo territorio offrendo basi aeree, stavolta ha reagito con incertezza.
Gli USA per la prima volta si sentono soli nel Mediterraneo contro una Russia che sembra avere una certa sicumera nell'affiancare la Siria, avendole venduto pressoché tutti i mezzi e i sistemi di difesa. C'è il timore, insomma, che dopo cinquant'anni di guerra USA condotta sempre con gli stessi schemi e quasi le stesse tecnologie, la Russia abbia imparato come contrastare lo strapotere militare americano e voglia darne una prova nel teatro siriano. 
Obama lo sa e gli occorre un modo sicuro per fare marcia indietro senza perdere del tutto la sua credibilità. 
Già dall'inizio ha messo le mani avanti, specificando che sarebbe stato un intervento rapido ed economico, forse per giustificare a priori l'eventuale fallimento militare. L'ennesimo, d'altronde, poiché l'occupazione di Iraq ed Afghanistan è tutt'altro che completa dopo tanti anni di guerra. 
In questo disastroso scenario, Obama non poteva far altro che farsi trattenere da qualcuno, e chi meglio del Congresso per farlo? 
E' come quelle sceneggiate napoletane in cui uno finge di volersi lanciare nella rissa ma è già d'accordo con altri tre che dovranno trattenerlo. 

Quindi, ritornando al punto iniziale: Obama si è fatto trattenere dal Congresso. Sul piano internazionale la sua credibilità è stata parzialmente salvata da questo evento ed ha dato una lezione a tutti gli esecutivi europei che sicuramente inizieranno a dare le responsabilità belliche - di mancato intervento o meno - agli organi rappresentativi, che assorbono la responsabilità come spugne e la eliminano al loro interno. 

In tutto ciò, comunque, il potere di trattative estere non è né dell'esecutivo, né dell'organo rappresentativo: è solo del partito di maggioranza. 

La favoletta del passo avanti della democrazia è l'ennesima parabola di regimi statalisti che tentano di salvare il salvabile, perché ormai hanno perduto credibilità.
Il Congresso americano, dai tempi della Seconda Guerra Mondiale, ha perso tutto il potere che aveva in precedenza ed ormai era ridotto ad  essere un fantoccio perché il Presidente, con la scusa della sicurezza nazionale e forte della sua prerogativa di gestire la politica estera, era riuscivo a scavalcarlo. Questo finto veto sulla guerra è stato un'ottima pubblicità, ma nient'altro. 

Non esistono conflitti nelle caste. Possono esserci antipatie personali, ma quando una casta deve sopravvivere è unita. Se così non fosse, lo Stato americano non avrebbe raggiunto un tale controllo sulla società, ma avrebbe incontrato sempre l'ostacolo dell'opposizione sulla sua strada, della denuncia pubblica e dello smantellamento delle porcherie fatte dal governo precedente. Invece è ancora tutto lì.
Possono fingere di essere in disaccordo su questioni minoritarie, ma quando ci sono di mezzo i soldi pubblici ed il controllo sulla società, la casta sa bene qual è il suo obiettivo: prenderne più che può e trovare giustificazioni di ogni genere per ottenerne ancora. 

E la stessa lezione vale per lo Stato italiano. 

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